"Habemus Papam" non è solo una frase: è un patrimonio culturale e religioso. Ma da un punto di vista legale può essere protetto?
C’è chi aspetta la fumata bianca con lo stesso entusiasmo con cui altri attendono i saldi.
E quando finalmente arriva, ci ritroviamo – credenti o no – a guardare verso quel balcone. Perché c’è qualcosa di magnetico, rituale, perfino cinematografico in quel momento in cui un Cardinale annuncia al mondo, in latino perfetto:
Annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam!
Nel tempo della comunicazione istantanea e degli slogan d’effetto, questa frase ha qualcosa di profondamente anacronistico eppure perfettamente brandizzabile.
Ma si può registrare “Habemus Papam” come marchio?
In teoria, nulla vieta di registrare espressioni latine come marchi, se non sono di uso comune o descrittive. E nel marketing, ciò che è memorabile ha valore.
“Habemus Papam” è una signature phrase potentissima: breve, evocativa, legata a un evento mondiale, immediatamente riconoscibile anche fuori dal contesto religioso.
E dal punto di vista giuridico?
In linea di principio, qualunque espressione può essere registrata come marchio, purché:
sia distintiva, ovvero non descriva semplicemente il prodotto o servizio;
non appartenga al dominio pubblico in senso stretto (es. simboli ufficiali di Stato, enti religiosi, emblemi internazionali);
non offenda la morale o l’ordine pubblico.
“Habemus Papam” è fortemente connotata da un uso istituzionale, cerimoniale, non commerciale. È parte di una ritualità religiosa e collettiva, da rischiare di non superare il filtro della “capacità distintiva”.
Inoltre potrebbe ledere il sentimento religioso o risultare in contrasto con l’ordine pubblico, e questo potrebbe ostacolare la registrazione oppure rendere il marchio registrato contestabile da altri soggetti interessati, come la Santa Sede.
Qualcuno ci ha provato?
Negli anni, il motto è stato reinterpretato (spesso con ironia):
“Habemus Pizza” per l’apertura di una pizzeria.
“Habemus Governo” ogni volta che l’Italia ne forma uno.
“Habemus Gelato” su una locandina di una fiera.
Eppure, nessuna di queste varianti risulta ufficialmente registrata come marchio di impresa. Alcuni ci hanno provato, ma le richieste sono state rigettate o ritirate. Il motivo? Rischio di genericità o mancata distintività.
E la Santa Sede?
La Chiesa cattolica non ha registrato “Habemus Papam” come marchio, ma è molto attenta a tutelare i propri simboli, i segni distintivi della liturgia e l’immagine del Papa, anche attraverso richiami o diffide a chi li utilizza in modo improprio.
Le immagini del Vaticano sono protette?
Molti pensano che le immagini del Conclave siano “pubbliche”. Ma non è così.
Le riprese del Conclave, le immagini della Cappella Sistina, dell’elezione del Papa e della fumata bianca sono coperte da copyright. E la Santa Sede è molto attenta al controllo dei contenuti visivi.
Anche le foto dei cardinali, del balcone e del nuovo pontefice possono essere soggette a diritti (es. dell’autore dello scatto o dell’ente che detiene i diritti di trasmissione e distribuzione dei contenuti audiovisivi del Papa e della Santa Sede).
L’uso in contesti commerciali o satirici richiede attenzione, soprattutto per evitare violazioni del diritto all’immagine o del sentimento religioso.
Se volessi usare “Habemus Papam” per una campagna marketing
Tecnicamente si può tentare, ma bisogna fare attenzione che:
◦ non sia già registrato;
◦ non sia usato in modo fuorviante o irrispettoso;
◦ non generi confusione su chi lo usa (es. sembrare approvato dal Vaticano);
◦ non si leda il diritto all’immagine o all’identità di soggetti specifici.
Intanto, in occasione del Conclave in Vaticano, il gelataio tedesco Matthias Münz, noto come Der verrückte Eismacher (il gelataio pazzo), ha lanciato il gusto di gelato “Habemus gelatum!”
Una combinazione di “panna cotta papale e lamponi celestiali” è stata presentata con un post virale sui social, accompagnato dallo slogan: “Il Conclave ha raggiunto l'accordo: la panna cotta papale incontra i lamponi celestiali.”
Non è la prima volta che Münz si ispira a eventi religiosi. Già nel 2013, in occasione dell’elezione di Papa Francesco, aveva ideato un gusto speciale chiamato “Habemus gustum”. Il gusto “Habemus gelatum!” sarà disponibile solo per un periodo limitato nelle sue gelaterie a Monaco di Baviera.
E se volessi lanciare un brand “Habemus + NomeBrand”?
Dal punto di vista strategico, l’idea è creativa. Ma devi:
Verificare la disponibilità del marchio su banche dati ufficiali (UIBM, EUIPO, WIPO).
Assicurarti che il nome non violi norme morali, religiose o simboliche.
Evitare ogni apparenza di endorsement da parte del Vaticano o di entità religiose.
Valutare i rischi reputazionali: il gioco può diventare fuorviante o lesivo, soprattutto se l’uso è ironico o provocatorio.
Anche le parole che sembrano appartenere “a tutti” possono avere confini legali ben precisi. Quando si usano simboli religiosi, storici o collettivi, serve un doppio check: quello del buon senso e quello del Codice della Proprietà Industriale.
Se hai in mente uno slogan “divino” o vuoi usare un motto o una frase storica per un progetto creativo o un prodotto, scrivimi: "Habemus Consilium"
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